Impressioni di settembre

In attesa della fashion week, ecco il recap dei debutti che avranno luogo tra Milano e Parigi, in un mese della moda che ha il compito gravoso di ridare speranza nel settore
Alcuni giornali l’hanno già intitolata “la fashion week più attesa di sempre”, per via del numero di debutti simultanei di designer alla guida delle più grandi maison, il risultato del valzer di sedie che ha tenuto banco per tutto lo scorso anno. La realtà è che per il sistema della moda, in questo settembre, non è in gioco solo il titolo – abbastanza vuoto di senso - per la miglior sfilata, ma anche, in maniera ben più drammatica, la sua credibilità tutta, presa a colpi di piccone durante lo scorso anno dalla Guardia di Finanza italiana, che ha portato diversi brand (tra i quali Dior, Loro Piana (Opens in a new window), Giorgio Armani (Opens in a new window), Valentino) all’amministrazione controllata di società satellite, che si occupavano della produzione. Misure prese dopo aver scoperto laboratori nei quali borse e pantaloni venduti a caro prezzo nelle boutique, venivano realizzati in spregio delle regole di sicurezza sul lavoro. Di fronte a queste notizie è sembrato al pubblico generalista ironico, quando non proprio offensivo, l’aumento generalizzato di prezzi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, volto a “limitare la clientela” dei brand a quell’1% di ultraricchi che può permettersi una t-shirt in cotone a 900 euro (un 1% che però, secondo i dati degli ultimi anni di Bain, costituisce il 40% degli introiti dei brand, (Opens in a new window) e che quindi, è necessario potenziare, anche a discapito del cliente aspirazionale). L’impoverimento di senso generale nelle maison, operata da conglomerati finanziari che mirano esclusivamente al profitto e alla sua moltiplicazione, non ha migliorato la situazione: Gucci, una volta ammiraglia del gruppo Kering, è in crisi di autorevolezza e la contrazione dei ricavi, iniziata già da prima dell’arrivo dell’ ex stilista Sabato De Sarno, è stata l’unica costante nei suoi due anni di lavoro, facendosi via via più grave. Spogliare le collezioni degli arzigogoli barocchi e dei molteplici riferimenti filosofici e letterari di Alessandro Michele, che nei precedenti 7 anni ne aveva decretato le fortune, non è servito: con grande stupore i manager hanno scoperto che tramutare drammaticamente il brand in qualcos’altro, in sostanza spersonalizzarlo (rispetto alla sua più recente emanazione, quella di Michele) per renderlo terreno fertile per un pubblico ancora più ampio, non è stata esattamente una strategia vincente. Chi l’avrebbe mai detto.
Di fronte a questo panorama che è molto meno pacificato di quanto gli addetti ai lavori vogliano farci credere, qui di seguito la lista dei debutti tra Parigi e Milano, di questa stagione.
Simone Bellotti da Jil Sander: dopo aver dato prova da Bally di un talento cristallino, rimasto nascosto per 16 anni nelle retrovie di Gucci, dove ha lavorato con Michele, Simone Bellotti è stato scelto da Renzo Rosso per sedersi sullo scranno più alto di Jil Sander. Il brand, molto amato dagli insider, e guidato negli scorsi 7 anni dalla coppia formata da Luke e Lucie Meier dagli ultimi risultati economici di OTB (Opens in a new window)registrava comunque una leggera contrazione negativa (controbilanciata dai risultati positivi che nel gruppo hanno registrato Diesel e Martin Margiela). Dopo un settennato è ammissibile pensare di cambiare visione creativa. Fino ad ora non ci sono state anticipazioni di sorta, tranne che un video, Wanderlust, ambientato ad Amburgo, luogo di origine del brand.
https://www.youtube.com/watch?v=RvUHm7S-tvk (Opens in a new window)Louise Trotter da Bottega Veneta: indiscutibilmente la nomina più rilevante della Milano Fashion Week, Louise Trotter, ex direttrice creativa di brand come Lacoste e Carven, debutterà a settembre. Inglese di Sunderland, prende le (pesantissime) redini del brand di Kering da Mathieu Blazy, che ha portato il brand a livelli di riconoscibilità e autorevolezza inusitati (grazie anche all’imprinting fornito dal precedente direttore creativo, Daniel Lee). Un lavoro, quello di Blazy, che ha però allontanato Bottega dai flash di giallo lime, e lo ha tramutato in un laboratorio artigianale capace di rielaborare il passato del brand e renderlo nuovamente rilevante (e non solo materia da fashion victim). La scorsa fashion week, a febbraio, con la nomina di Louise Trotter già ufficiale, in maniera saggia, il brand ha deciso di non presentare alcuna collezione. La sua presenza nello spirito si è comunque sentita: per un selezionato gruppo di un centinaio di ospiti, Bottega Veneta ha ospitato nei suoi nuovi headquarter di San Fedele una performance di Patti Smith. La cantante ha letto un poema scritto di suo pugno su Carlo Mollino, sdraiata su un letto originalmente appartenuto all’architetto. La performance denominata Correspondances ha inglobato un tributo a Pasolini, a 50 anni dalla sua morte, e un finale con un’esibizione acustica di Because the night, brano scritto da Bruce Springsteen e portato alla fama globale proprio da Smith, che ha così celebrato anche il suo marito scomparso, Fred Sonic Smith, con il quale avrebbe festeggiato 45 anni di matrimonio.
Demna da Gucci: debutta sì, sfilata no, forse una presentazione, non siamo in calendario, forse sì, ora ci ripensiamo. Il debutto di Demna da Gucci è stato contraddistinto da una certa confusione nelle dichiarazioni, dovuta anche alla situazione critica nella quale il brand si trova, dopo un’altra trimestrale che ha sancito un’ulteriore perdita nel 20% (Opens in a new window) nelle vendite. Se inizialmente il debutto dell’acclamato stilista georgiano era programmato per febbraio 2026, adesso il WWD ha parlato di una “presentazione che serve a ricordare le fondamenta del brand” già a settembre, firmato proprio da Demna. Le voci di corridoio fantasticano sul formato nel quale questa presentazione vedrà la luce: una collezione see now-buy now, un corto cinematografico. Il brand non ha ancora rilasciato dichiarazioni in merito, ma si immagina che la tensione si possa tagliare col dito: Demna ha il compito tra i più gravosi, e sbagliare non è un’opzione, non solo per il suo status di designer, ma soprattutto per il brand, in sofferenza (economica e di rilevanza) da ormai due anni.
Dario Vitale da Versace: anche in questo caso, si naviga in una certa incertezza, parzialmente dovuta all’acquisizione del brand della medusa da parte del gruppo Prada, un’acquisizione che sarà finalizzata definitivamente a settembre. Dario Vitale, nuovo direttore creativo arrivato proprio dagli uffici stile di Prada (è stato per anni design director di Miu Miu) doveva inizialmente presentare il suo debutto a settembre, ma a fine luglio il WWD ha annunciato che non si sarebbe trattato di un classico show, quanto di un “evento intimo” che potrebbe includere, come nel caso di Demna, una componente video. Restiamo in attesa.
J.W. Anderson da Dior: dopo aver anticipato la sua visione per l’uomo di Dior a giugno, J.W. Anderson sembra pronto anche per il debutto della collezione femminile. Per adesso non ci sono anticipazioni di sorta (tranne per l’outfit indossato da Sabrina Carpenter a Parigi a giugno, e che sembra essere una rivisitazione di Anderson del New Look): l’attesa per uno dei pochi designer millennial ad avercela fatta (insieme a Matthieu Blazy) è palpabile, e gli addetti ai lavori hanno per lui, da tempo, un debole. Le stelle sembrano essere a suo favore, e il suo appare tra i debutti dal successo già garantito.
Matthieu Blazy da Chanel: un altro millennial che ce l’ha fatta, Blazy, dopo i successi raccolti da Bottega Veneta, si siede alla scrivania più ambita, quella di direttore creativo di Chanel. Sono ancora pochi i dettagli trapelati in merito: nominato a dicembre, in questi nove mesi Blazy ha avuto modo di assemblare il suo team e prepararsi per la grande occasione (presiederà non solo allo sviluppo della collezione donna ready-to-wear, ma anche a quella dell’haute Couture e degli accessori).
Pierpaolo Piccioli da Balenciaga: alla moda, e ai suoi appassionati, lo sguardo leggiadro eppure denso di profondità di Pierpaolo Piccioli mancava da tempo, da quando esattamente due anni fa, ha lasciato il ruolo di direttore creativo di Valentino. Dopo un passaggio di consegne non ufficiale durante l’ultimo show di Balenciaga curato da Demna (nel backstage lui e Piccioli sono stati fotografati mentre chiacchieravano amichevolmente) il brand di Cristobal sembra pronto a entrare in una nuova fase, lontana probabilmente dagli eccessi streetwear e dall’ironia abrasiva del georgiano, per planare con discrezione in territori più affini al sentire del designer romano, autore di alcuni degli show che di recente hanno superato i confini degli addetti ai lavori, per inserirsi nella discussione collettiva (uno su tutti, il défilé del Pink PP).
Jack McCollough e Lazaro Hernandez da Loewe: a sostituire JW Anderson nel brand spagnolo sono arrivati (con la sorpresa del pubblico europeo, che di loro non sentiva parlare da diversi anni) McCollough e Hernandez, fondatori di Proenza Schouler, brand che è stato il fiore all’occhiello della fashion week newyorchese fino a una decina d’anni fa. Dietro questa nomina si staglia imponente l’ombra lunga di Anna Wintour, la “donna che sussurra ai milionari” e che pare essere stata strumentale nel convincere Arnault (Loewe è di proprietà di LVMH) nel dare una chance al duo. Se Wintour ci abbia visto lungo, come nel caso di Galliano, o se sia stata invece accecata, come successe nel caso di Alexander Wang da Balenciaga, altra nomina molto meno di successo nella quale pare il suo parere sia stato fondamentale, lo scopriremo prestissimo.
Meryll Rogge da Marni:
Aveva vinto da poco l’Andam Prize ( uno dei riconoscimenti più importanti della moda) quando, a luglio, la designer belga è stata nominata direttrice creativa di Marni, prendendo le redini da Francesco Risso, che aveva guidato la maison per i 10 anni precedenti. Una nomina accolta con favore dagli addetti ai lavori: Rogge non è solo, evidentemente, una tra i designer più talentuosi della sua generazione, con importanti assonanze con il lavoro di Consuelo Castiglioni, fondatrice del brand oggi nell’orbita di Otb, ma anche una donna. Una rarità se si pensa che da metà 2024 su 17 nuovi designer nominati, solo 4 appartengono al “gentil sesso” (le altre sono Sarah Burton da Givenchy, Veronica Leoni da Calvin Klein, e Louise Trotter da Bottega Veneta). Al momento dell’annuncio, il brand non aveva specificato la sfilata del suo debutto, e il brand non è attualmente presente nel calendario provvisorio della settimana della moda milanese, in quanto, come riportato dal WWD, si opterà per una presentazione in show-room ai clienti, rimandando il debutto ufficiale di Rogge a febbraio 2026.
Inoltre: da Mugler è arrivato Miguel Castro Freitas, che succede a Casey Cadwallader, da Jean Paul Gaultier si torna a parlare la lingua del ready to wear con Duran Lantink, da Carven è arrivato Mark Thomas, mentre dopo il suo debutto nella couture a luglio, Glenn Martens mostrerà la sua visione per il ready to wear di Maison Margiela.
Siete pronti? Ci rivediamo lì, non in front row, ma più o meno.
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