Ci sono un’idea di purezza e un’idea di corruzione. Entrambe oggi sono applicate, male, all’informazione. Applicate a come pensiamo possa e debba funzionare, l’informazione. La prima idea - quella di purezza - è tipicamente quella di chi ha riflettuto meno sui media, di chi si fida in modo un po’ più acritico. Dei “creduloni”, come potremmo definirli chiacchierando tra amici, cioè coloro che in varia misura attribuiscono ai mezzi di informazione un carattere neutro. Questi creduloni della purezza dubitano delle singole informazioni, dubitano di un singolo articolo del Fatto Quotidiano o di Repubblica, di una singola dichiarazione di Cazzullo o di Berlinguer, di Renzi o di Meloni, ma non esercitano un dubbio a monte, cioè su come e quali informazioni hanno ricevuto. Non pensano a quali filtri informativi hanno fatto sì che proprio a loro arrivasse proprio quella dichiarazione di Meloni o quell’articolo di Repubblica.
I creduloni di oggi non direbbero mai di essere acritici. Non accetterebbero ovviamente l’etichetta canzonatoria di “creduloneria”, ma vale la pena definirli così perché il loro dubbio è espresso solo a valle, non a monte. È come se dicessero: le informazioni che mi arrivano attraverso internet, la radio, i giornali o la televisione sono un sunto della realtà sufficientemente vario e completo. Sarà su quel tot di informazioni che applicherò le mie etichette di falsità, verità, credibilità o inverosimiglianza.
L’errore di fondo è non tenere in considerazione che ci sono una miliardata di modi in cui le informazioni che riceviamo sono pre-determinate, tradotte, adattate, filtrate e in un certo senso pre-masticate. Se siamo di sinistra riceveremo informazioni di sinistra, e se siamo di destra riceveremo punti di vista di destra. Se tifiamo Napoli riceveremo quasi solamente notizie sul Napoli, e se tifiamo Milan principalmente notizie sul Milan. I media oggi ci profilano, e profilandoci ci chiudono nelle nostre bolle, impedendoci di venire a contatto con informazioni nuove o che smentiscono ciò che pensiamo. Il primo e più importante filtro informativo che funziona a nostra insaputa è quello di un gigantesco bias di conferma.
Che le informazioni non siano pure al loro arrivo sui nostri schermi succede con meccanismi di cui si parla sempre più spesso, come gli algoritmi che governano i social media. Di algoritmi oggi parliamo anche sugli stessi media generalisti, ma il loro funzionamento e le conseguenze che ne derivano rimangono comunque qualcosa di cui non abbiamo una vera contezza.
Le informazioni che riceviamo sono sì adattate per noi da un algoritmo. Ma sono anche il frutto dei nostri “setacci informativi” personali e pre-tecnologici: ideologici, politici, linguistici, di ceto, generazionali o semplicemente dipendenti da inclinazioni e preferenze. E’ su questo sostrato umano ed emotivo che agisce la tecnologia.
Venendo poi all’idea di corruzione. Se da una parte c’è chi crede che i mezzi di informazione siano “puri” e di conseguenza tendenzialmente oggettivi nel farci arrivare le informazioni dal mondo, al polo opposto c’è invece chi considera la corruzione il tratto distintivo della comunicazione e dell’informazione contemporanea. Corruzione nel senso di difetto, falsità, faziosità e inquinamento della realtà oggettiva. Quest’idea è applicata male - come dicevamo all’inizio - soprattutto perché è applicata troppo spesso e senza criterio. Certo che ci sono informazioni “corrotte” nel senso di false, truffaldine, viziate dall’ideologia o dalla sciatteria. Esiste il clickbait ed esistono eccome anche le ormai note “fake news”. Ci sono informazioni di tutti questi tipi e noi normalissimi utenti dei media le incontriamo su base quotidiana. Ma non sono tutte. E anche quelle di cui è bene dubitare per un loro vizio di forma o di sostanza non sono sempre e comunque da tacciare come “false”, semmai sono da scandagliare prendendo ciò che di credibile e informativo possono portarci.
I creduloni e i dubitatori ossessivi sono due opposti sullo spettro del nostro rapporto con la verità informativa. Ma vanno a braccetto nel far funzionare male il nostro rapporto fiduciario con l’informazione. Chi crede a tutto e non mette in dubbio i filtri che funzionano a monte, sia umani che tecnologici, è ingenuo. La stessa ingenuità che attribuiremmo a chi frugando tra i prodotti del proprio supermercato di fiducia ci volesse convincere che quella è una scelta pura e personale. Non determinata da grossisti, pubblicità, disponibilità dei prodotti e altre selezioni. Chi non crede a niente rischia invece un approccio paranoico alla realtà: si sente assediato dalle bugie e dai convincimenti indesiderati e rischia di fatto di portare al complottismo, alla fobia sociale e al delirio di persecuzione. Sono cose che noi lettori delle riviste, soprattutto online, dobbiamo tenere a mente.
Enrico Pitzianti

Valerio Adami, Gate n. 3, 1968 Courtesy Pananti. (Öffnet in neuem Fenster)
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