VOL. 4 - CASA E’ DOVE SONO LIBER*
siete stat* voi la parte più generativa di questo volume 4.
noi non abbiamo fatto altro che lasciarci ispirare dalle vostre parole (in corsivo nel testo)
e, ovviamente, dalle nostre case (sempre al plurale).

NON SA PIU’ DI TE - feffa mangano
cos’è casa per te? te lo chiedo sottovoce. nell’orecchio le mie parole ti arrivano di sbieco. ti nascondi dietro alla mia nuca.
dovresti essere tu, mi dici. di case, però, ne ho attraversate tante. di divano in divano. tra odore di curry e di olio di frittura. tra lenzuola ruvide e cuscini troppo sottili per dormirci comodo. tra il sapore della torta di mele pucciata nel latte freddo e della crostata nel té allungato con quello stesso latte.
devo avere una casa? mi chiedi.
io guardo il tetto spiovente della tua mansarda. la barba mi pizzica sul collo. sei ancora nascosto lì dietro. non mi hai detto una parola guardandomi negli occhi. devi avere una casa per andare in giro per il mondo, penso.
ti sfioro prima della tua partenza. mi giro dall’altra parte. abbraccio il cuscino che non sa più di te.

POLPACCI - bea forlini
non avevo avuto così male ai polpacci la volta che queste scale le avevo fatte affianco a te. anche salutarsi e partire era di luce. in bus ti avevo fatto una lista di tutto quello che mi aveva catturato lo sguardo uscendo da Marsiglia: il giallo esplosivo delle mimose, le proboscidi di una fabbrica che sporcavano di fumo il tramonto, il mare lilla. avevo cercato tante parole nuove in francese e mi avevi detto che nella scrittura ero molto grafica. per la prima volta sapevo pensarti nei miei luoghi: al parco delle Betulle, oppure sulla ciclabile verso casa della nonna, dove c'è quel pianoro di terra e pozzanghere che quand'è stagione si riempie delle roulotte del circo o del luna park.
non avevo avuto così male ai polpacci a fare con te quella volta le scale della stazione. ci eravamo godute il sole e avevamo riso, ci eravamo eccitate, eri divertita da quella doppia consistenza cosí buffa del tuo dolce e mi avevi letto i ringraziamenti della tesi. non capisco cosa mi làncina adesso il volto e i polpacci se ho sempre saputo che avevamo altri amori, che non potevamo darci più di così. è tutto il giorno che mi contraggo di smorfie e sento solo l'afa e la gravità. le scale son le stesse e la stessa è la stazione, è uguale pure il numero del bus che mi riporta "a casa". eppure nemmeno la vista di Marsiglia dall'alto stasera sa distrarmi.
l'ultima volta che ci siamo viste ti avevo chiesto casa cos'era per te, mi avevi risposto che per associazione avresti subito pensato all'amore. ma era un periodo che ti scocciava saper scrivere solo di quello e quindi in caso ti saresti sforzata a pensare a qualcosa di diverso.
io una relazione-casa non l'ho mai avuta. ho avuto relazioni-gabbia, storie-finestra, a te speravo di fare almeno da cuscino e alla fine mi sa che son stata soglia. poi ti sei aperta su un'incredibile oasi, su un giardino, un frutteto che non ero io.
il passeggero seduto affianco a me scorre video di bare avvolte nelle kefye, di donne che forse trova provocanti, di grafiche esplicative sull'allineamento dei vari Stati nella cosiddetta nuova guerra tra Israele e Iran. non si accorgerà mai che sto piangendo.
il bus mi sta riportando in una casa che so già mi starà stretta. non ho saputo radicarmi. non ho saputo abbracciare sotto le mie lenzuola nessun* che potesse farmi anche da tetto. ma sono stata il fortino magico che ci si faceva con i cuscini e le sedie da bambini. e per qualcuno sono forse ancora un'oasi romantica di parole, un rifugio luminoso, una boa che non annega. sono fluttuante e mi sballotto, oscillo come questo bus sulle strade della Joliette. non posso fare nessuna lista delle cose che vedo dal finestrino: perché fa buio, sí, ma soprattutto perché non ho nessun* a cui mandarla. posso però ricordarmi di essere grata: al finestrino, alle ruote, ai sedili.
adesso sono troppo sottile per farmi muro ma forse è meglio così. per ora mi accontento della trasparenza di questi doppi vetri (che proteggono ed è difficile che taglino), e anzi mi prendo volentieri anche le loro tracce, i loro aloni.
la canzone "così sottile" di Irene Buselli (Si apre in una nuova finestra)